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Descritta dagli autori antichi come una località incantevole e non lontana da Roma, benedetta dalla Natura e dal clima, e al tempo stesso come luogo di perdizione, in cui giovani ebbri si trascinavano sulle spiagge fino a notte fonda e donne pudiche come Penelope divenivano rapidamente dissolute e discinte come Elena, Baia fu per secoli il luogo per eccellenza associato all’otium.

Le sue ville lussuose, costruite intorno al lacus Baianus sin dagli inizi del I secolo a.C., e strette, a partire dal secolo successivo, tra i palazzi sempre più sontuosi degli imperatori che vollero a Baia una loro residenza, modificarono un paesaggio naturale di rara bellezza, trasformando coste gialle di tufo e verdi per la rigogliosa vegetazione, in un’affollata riviera in cui dedicarsi ai  piaceri della vita.

Le numerose sorgenti termali naturali, dono di quegli stessi vulcani che secoli più tardi avrebbero condannato Baia allo sprofondamento per mezzo del bradisismo, attirarono personaggi sempre più importanti della Roma tardo-repubblicana e imperiale. 

Captate e sapientemente irreggimentate, quelle vene d’acqua bollente divennero piscine e terme, o vasche ben termoregolate per l’itticolturae l’ostricoltura.

Le strade terrestri e il vicino porto di Puteoli, caotico centro per la redistribuzione delle merci di un gigantesco sistema di rotte navali, rendevano Baia facilmente raggiungibile anche da chi spendeva a Roma, tra il Foro e le altre sedi del potere, la gran parte della sua esistenza.

Cesare, l’imperatore Claudio, i Severi, ma anche Seneca, e la gens dei Calpurnii Pisones vi ebbero le loro residenze; alcune di queste giacciono al di sotto della moderna frazione di Baia, nel comune di Bacoli.

Altre, ormai sommerse a una profondità compresa tra 0 e 6 metri, si trovano sul fondo del mare, tra il fragile costone tufaceo della Punta dell’Epitaffio e il colle su cui, secoli dopo, sarebbe stato costruito il massiccio Castello Aragonese, sede oggi del Museo Archeologico Nazionale dei Campi Flegrei.

I resti sommersi sono finalmente protetti grazie all’istituzione del Parco Archeologico Sommerso di Baia, e possono essere visitati da tutti, in immersione subacquea, in snorkeling, per mezzo di barche dal fondo trasparente o grazie a sistemi di visualizzazione 3D virtuale.

La protezione di questo patrimonio subacqueo unico al mondo, perennemente esposto al danneggiamento naturale, fisico e biologico, e all’opera dell’uomo, è una delle grandi sfide dell’archeologia subacquea.

L’ISCR, in collaborazione con gli enti preposti alla tutela, è attivo da tempo nella conservazione delle strutture sommerse nell’area baiana, attraverso il progetto Restaurare Sott’Acqua e i nuovi progetti MUSAS, IMARECULTURE, BLUEMED, SYBILLA, ARTEK.

Ricostruzione del Lacus Baianus (Fonte: J.C.Golvin)
Mosaico con lottatori dalla Villa con ingresso a protiro

Il museo archeologico

Inaugurato nel 1993, il Museo Archeologico dei Campi Flegrei raccoglie reperti provenienti da Baia, Puteoli, Cumae, Misenum e Liternum all’interno delle suggestive sale del Castello Aragonese di Baia, fortezza edificata a partire dal 1495 a picco sul mare, su un colle anticamente occupato da una grande villa maritima su terrazze, tradizionalmente attribuita a Cesare

Oltre alla ricca collezione di statue, iscrizioni e reperti provenienti dagli scavi archeologici condotti nei siti flegrei, il Museo presenta un corposo congiunto di materiali di provenienza subacquea, recuperati negli anni durante ricerche sistematiche e ricognizioni nelle acque dell’antico golfo baiano, della ripa puteolana e del territorio misenate.

Tra le sezioni di maggiore interesse, si segnalano la ricostruzione del Ninfeo imperiale sommerso di Punta dell’Epitaffio e quella del Sacello degli Augustali di Miseno, all’interno della Torre Tenaglia.

Di particolare interesse si rivelano anche le venti sale dedicate alla città romana di Puteoli, in cui, tra le altre cose, si sottolinea il cosmopolitismo del grande porto commerciale tardo-repubblicano e imperiale attraverso l’esposizione di iscrizioni e sculture relative alla presenza di peregrini e la suggestiva ricostruzione della Grotta del Ouadi Minahy, nel deserto egiziano, dove vennero rinvenute testimonianze  epigrafiche della presenza di intraprendenti mercatores puteolani.

Rilievo con nave dal Museo Archeologico dei Campi Flegrei
Il Castello Aragonese di Baia, sede del Museo Archeologico Nazionale dei Campi Flegrei (foto M. Stefanile)

Approfondimenti

Tra il 1923 e il 1925 e, successivamente, tra il 1927 e il 1928, la rada di Baia fu interessata da importanti lavori di dragaggio per l’ampliamento della banchina del porto e il livellamento dei fondali. Durante quelle operazioni furono recuperate numerose opere d’arte e una notevole quantità di elementi architettonici lavorati, per gran parte pertinenti a un settore dell’antico palazzo imperiale affacciato sul lacus Baianus. Il rinvenimento di numerose tubature di piombo (fistulae aquariae), alcune delle quali riportavano i bolli L. Septimi Severi Pert. Aug. Septimi Severi permise di attribuire uno degli edifici evidentemente intercettati dai dragaggi ad età severiana: si trattava verosimilmente di una costruzione connessa con l’acqua, un nymphaeum, edificato  già al tempo dei Flavi, come attestato da altre fistulae con il nome dell’imperatore Domiziano, e poi restaurato in maniera consistente, con nuove decorazioni marmoree, al tempo di Settimio Severo (193-211), Caracalla (198-217) e Alessandro Severo (222-235).

I lavori alle banchine di Baia negli anni Venti del Novecento (foto Archivio Alinari)

Negli anni Novanta del Novecento l’archeologo Fabio Maniscalco, che recuperò la documentazione d’archivio e riorganizzò il materiale recuperato negli anni Venti, da tempo conservato nei magazzini del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, propose una ricostruzione dell’edificio, sul modello di strutture simili e coeve come il Septizodium e il Ninfeo di Alessandro Severo a Roma, e ipotizzò una ricostruzione dell’intero impianto idraulico domizianeo negli anni di Settimio Severo, un rifacimento del fabbricato e degli spazi esterni (bocche d’uscita dell’acqua, vasche) al tempo di Caracalla, e un’ultima manutenzione durante il regno di Alessandro Severo. Un incendio avrebbe infine segnato l’ultima fase dell’edificio: lo attesterebbero le numerose bruciature identificate sui marmi rinvenuti. BIBLIOGRAFIA Maniscalco, F. 1995, ‘Un ninfeo severiano nelle acque del porto di Baia’, Ostraka, 4(2), pp. 257-271. Maniscalco, F. 1997, Ninfei ed edifici marittimi severiani del Palatium imperiale di Baia. Napoli: Massa Editore. Zevi F. (cur.) 2009, Museo archeologico dei Campi Flegrei. Castello di Baia. Napoli: Electa Napoli, vol. 3.

La passione sviluppata dalle classi più abbienti di Roma tardo-repubblicana nei confronti di opere d’arte provenienti dal mondo greco causò, come è noto, dopo un’iniziale smaniosa e collezionistica caccia agli originali, la nascita di un fiorente mercato di copie: molte delle sculture più rappresentative della Grecia antica, e in particolare dei modelli classici ed ellenistici legati a figure emblematiche come Fidia, Policleto, Prassitele, Skopas, sono a noi note, oltre che per svariati cenni e descrizioni nelle fonti letterarie, proprio per la grande quantità di repliche prodotte in età romana per committenti dal gusto più o meno raffinato e dalle conoscenze più o meno approfondite. 

Per l’eccezionale concentrazione di ville marittime e residenze di lusso sviluppatasi intorno al lacus Baianus e lungo l’intera costa flegrea, non c’è da stupirsi se proprio a Baia venne a radicarsi una serie di officine di copisti in grado di replicare infinite volte i più noti fra i capolavori dell’arte greca. Capita così che fra i rinvenimenti subacquei si riconoscano statue già abbondantemente note nelle collezioni degli antiquari romani, oltre che, secondo l’uso antico, repliche decontestualizzate e trasformate in bocche di fontana e banali decorazioni per giardini privati.

Tra le copie di maggior interesse, conservate presso il Museo Archeologico dei Campi Flegrei, si segnalano una pregevole Testa di Amazzone, una Statua del tipo detto Hera Borghese, una Statua di Tyche, forse parte di un’Artemide, un’erma barbata, un Eracle giacente, un torso di Eros, un’Atena del tipo Vescovali-Arezzo, un raffinato Gruppo di Psiche ed Eros.

BIBLIOGRAFIA

Zevi, F. (2009) Museo archeologico dei Campi Flegrei. Castello di Baia. Napoli: Electa Napoli.

Il parco sommerso

Istituito il 7 agosto del 2002, il Parco Sommerso di Baia copre un’area di 177,7 ettari, compresa tra i limiti occidentali dell’antico lacus Baianus, alla base dell’altura su cui sorge il Castello Aragonese di Baia, sede del Museo Archeologico Nazionale dei Campi Flegrei, e l’ex area industriale del litorale puteolano, nel cuore dell’antico waterfront del porto commerciale di Puteoli.

L’istituzione dell’Area Marina Protetta e del Parco Sommerso ha portato a compimento un iter legislativo e una vera e propria battaglia culturale condotte per anni dalle istituzioni e dai cittadini, per la protezione di un patrimonio archeologico unico al mondo ma incredibilmente esposto alle continue minacce causate dalle tante attività produttive e commerciali radicate nel territorio.

La villa dei Pisoni, la villa con ingresso a protiro, il Ninfeo di Punta Epitaffio, la via Herculanea, il Portus Julius, le pilae della Secca Fumosa e i tanti altri siti archeologici compresi nel Parco sono oggi protetti e custoditi secondo un sistema di zonizzazione che prevede aree con differenti gradi di protezione: zona A – Ninfeo di Punta Epitaffio, villa dei Pisoni, villa con ingresso a protiro e resti a mare del Palatium imperiale; zona B – Portus Julius; zona C – Secca Fumosa e aree comprese tra le zone A e B.

Visite subacquee, in snorkeling e in canoa, escursioni in barca col fondo trasparente, attività nautiche e marittime sono dettagliatamente regolamentate.

Sub in visita nel sito di Villa dei Pisoni
Il Castello Aragonese di Baia, sede del Museo Archeologico Nazionale dei Campi Flegrei (foto M. Stefanile)

La villa dei Pisoni

Grandiosa residenza costruita al margine tra il lacus Baianus e il lungo bacino portuale puteolano, la cosiddetta Villa dei Pisoni costituisce uno degli esempi più evidenti della capacità da parte dei Romani di costruire lungo coste e promontori, e anche direttamente in acqua, con eccezionale sforzo architettonico.

La villa, infatti, una delle tante villae maritimae costruite da parte dell’élite tardo-repubblicana in particolare lungo le coste dell’Italia tirrenica, a partire dalla fine del II secolo a.C., sfruttava nella sua prima fase edilizia la parte terminale del promontorio tufaceo di Punta dell’Epitaffio, oggi notevolmente arretrato a causa dell’erosione costiera e del bradisismo. Non sono ancora del tutto chiari i limiti di questo primo nucleo, che era andato ad occupare, così come era la prassi per le ville di questo tipo, uno dei luoghi più ameni del litorale flegreo, sfruttando una posizione in grado di offrire una vista panoramica sul Golfo a quasi 270°, e un’eccellente esposizione a meridione.

Quel che è evidente è che di generazione in generazione i proprietari accrebbero la villa dotandola di quartieri di lusso, terrazze sul mare, almeno una peschiera per l’allevamento e la conservazione di pescato vivo, e tre lunghi moli. Il fortunato rinvenimento di una tubatura in piombo con bollo ha permesso di chiarire che, almeno durante la prima età imperiale, il complesso appartenne alla ricca e potente famiglia dei Calpurnii Pisones (a un esponente della quale, è bene ricordarlo, era stata già attribuita anche la gigantesca Villa dei Papiri rimessa in luce nelle immediate vicinanze di Herculaneum); si trattava dunque della famosa Villa dei Pisoni confiscata e passata alle proprietà imperiali a seguito della fallita congiura ordita contro Nerone.

Una volta entrata a far parte dei possedimenti diretti dell’imperatore, la villa ebbe una nuova fase di ampliamenti, potendo ormai occupare

anche la fascia di rispetto che la separava dal Palatium  di Punta Epitaffio e dal suo grande Ninfeo-triclinio. Il grande sito oggi visitabile a una profondità di -4/-6 metri a poca distanza dal moderno porto baiano, mostra per gran parte strutture e mosaici riconducibili a queste fasi, e in particolare al periodo in cui l’imperatore Adriano, che con Baia ebbe un rapporto particolare, commissionò nuovi ampliamenti, tra cui il gigantesco viridarium, il giardino cinto da portici scanditi da finestroni, nicchie e semicolonne che già ai primi studiosi che se ne occuparono mostrò chiari riferimenti alla grande Villa Adriana a Tivoli.

Tra le strutture degne di nota appartenenti alla Villa, oltre al viridarium, di cui si è detto, e che costituisce l’itinerario standard di visita per i tanti subacquei che esplorano questa parte del Parco Archeologico Sommerso di Baia, si segnalano i numerosi mosaici, alcuni dei quali sono stati oggetto di restauri da parte del NIAS dell’ICR, e le terme private, tipiche delle ville marittime di area flegrea che proprio per la presenza di sorgenti calde vulcaniche occuparono rapidamente l’intera fascia costiera.

Le ricerche svolte nel corso del progetto MUSAS, mirate alla ricostruzione tridimensionale della villa e a una migliore conoscenza delle fasi più antiche del complesso, hanno permesso di ipotizzare anche la presenza di un faro sul punto più esterno del promontorio, poggiante su una grande pila in calcestruzzo direttamente legata alla villa tramite un piccolo molo. Il risultato più interessante, però, ricostruito sulla base dell’osservazione del rilievo strumentale del fondale e delle opere marittime, è stato la scoperta di una straordinaria terrazza costruita su una selva di pilae poggianti direttamente sul fondo marino, all’estremità meridionale della villa: si tratta della prima evidenza archeologiche chiara di quanto raccontato dalle fonti: finito lo spazio, a Baia, i ricchissimi proprietari interessati alla costruzione di ville d’otium arrivarono a costruire finanche nel mare.

Planimetria dell’area di Baia con la posizione di Villa dei Pisoni (C, D)
Planimetria dell’area di Baia con la posizione di Villa dei Pisoni (C, D)
Percorso subacqueo di Villa dei Pisoni

Borriello, M. and D’Ambrosio, A. (1979) Baiae-Misenum (Forma Italiae. Regio I, XIV). Firenze.

D’Arms, J. (1970) Romans on the Bay of Naples: a social and cultural study of the villas and their owners from 150 B.C. to A.D. 400. Cambridge: Harvard University Press.

Davidde, B. et al. (2014) ‘Mosaic marble tesserae from the underwater archaeological site of Baia (Naples, Italy): determination of the provenance’, European Journal of Mineralogy.

Davidde, B., D’Agostino, M. and Stefanile, M. (2019) ‘Tra conoscenza, valorizzazione e nuove tecnologie: il progetto MUSAS’, Forma Urbis, 2.

Davidde, B. and Gomez de Ayala, G. (2016) ‘Laser scanner reliefs of selected archaeological structures in the submerged Baiae (Naples)’, in The International Archives of the Photogrammetry, Remote Sensing and Spatial Information Sciences, Volume XL-5/W5, 2015 Underwater 3D Recording and Modeling, 16–17 April 2015, Piano di Sorrento, Italy.

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Di Fraia, G. (1993) ‘Baia sommersa: nuove evidenze topografiche e monumentali’, in Archeologia subacquea. Studi, ricerche e documenti I. Roma, pp. 21–48.

Di Fraia, G. (2019) ‘Baia: un quarantennio di studi e ricerche’, in Erto, M. (ed.) Bacoli 1919-2019. Cento anni di storia. Nocera Superiore: D’Amico Editore, pp. 37–94.

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Miniero, P. (2010) ‘Baia sommersa e Portus Iulius: il rilievo con strumentazione integrata Multibeam’, in Blackman, D. J. and Lentini, M. C. (eds) Ricoveri per navi militari nei porti del Mediterraneo antico e medievale. Atti del workshop – Ravello, 4-5 novembre 2005. Bari: Edipuglia, pp. 101–108.

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Scognamiglio, E. (2006) ‘Baia sommersa. Alcune considerazioni sulla carta del Lamboglia (1959 – 1960)’, Archaeologia Maritima Mediterranea, 3, pp. 57–63.

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Stefanile, M. (2016) ‘Underwater cultural heritage, tourism and diving centers: the case of Pozzuoli and Baiae (Italy)’, in IKUWA V – Actas del V Congreso Internacional de Arqueología Subacuática Un patrimonio para la humanidad. Cartagena, 15-18 de octubre de 2014, pp. 213–224.

Approfondimenti

Tra il 1923 e il 1925 e, successivamente, tra il 1927 e il 1928, la rada di Baia fu interessata da importanti lavori di dragaggio per l’ampliamento della banchina del porto e il livellamento dei fondali. Durante quelle operazioni furono recuperate numerose opere d’arte e una notevole quantità di elementi architettonici lavorati, per gran parte pertinenti a un settore dell’antico palazzo imperiale affacciato sul lacus Baianus. Il rinvenimento di numerose tubature di piombo (fistulae aquariae), alcune delle quali riportavano i bolli L. Septimi Severi Pert. Aug. Septimi Severi permise di attribuire uno degli edifici evidentemente intercettati dai dragaggi ad età severiana: si trattava verosimilmente di una costruzione connessa con l’acqua, un nymphaeum, edificato  già al tempo dei Flavi, come attestato da altre fistulae con il nome dell’imperatore Domiziano, e poi restaurato in maniera consistente, con nuove decorazioni marmoree, al tempo di Settimio Severo (193-211), Caracalla (198-217) e Alessandro Severo (222-235).

I lavori alle banchine di Baia negli anni Venti del Novecento (foto Archivio Alinari)

Negli anni Novanta del Novecento l’archeologo Fabio Maniscalco, che recuperò la documentazione d’archivio e riorganizzò il materiale recuperato negli anni Venti, da tempo conservato nei magazzini del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, propose una ricostruzione dell’edificio, sul modello di strutture simili e coeve come il Septizodium e il Ninfeo di Alessandro Severo a Roma, e ipotizzò una ricostruzione dell’intero impianto idraulico domizianeo negli anni di Settimio Severo, un rifacimento del fabbricato e degli spazi esterni (bocche d’uscita dell’acqua, vasche) al tempo di Caracalla, e un’ultima manutenzione durante il regno di Alessandro Severo. Un incendio avrebbe infine segnato l’ultima fase dell’edificio: lo attesterebbero le numerose bruciature identificate sui marmi rinvenuti. BIBLIOGRAFIA Maniscalco, F. 1995, ‘Un ninfeo severiano nelle acque del porto di Baia’, Ostraka, 4(2), pp. 257-271. Maniscalco, F. 1997, Ninfei ed edifici marittimi severiani del Palatium imperiale di Baia. Napoli: Massa Editore. Zevi F. (cur.) 2009, Museo archeologico dei Campi Flegrei. Castello di Baia. Napoli: Electa Napoli, vol. 3.

Il Ninfeo di Punta Epitaffio

Luogo simbolo dell’archeologia baiana, il Ninfeo Imperiale Sommerso di Punta Epitaffio è un sito di straordinaria importanza per la storia dell’archeologia subacquea.      

In questo ambiente sommerso alla base del promontorio tufaceo di Punta Epitaffio, infatti, furono condotte campagne di ricerca e di documentazione sin dalla fine degli anni Cinquanta, quando il padre dell’archeologia subacquea italiana, Nino Lamboglia, vi trovò lo spazio ideale per sperimentare la quadrettatura e il rilievo di un edificio antico in ambiente subacqueo.

Le planimetrie prodotte in quelle pionieristiche campagne furono poi aggiornate nel corso di una grande operazione di scavo e documentazione condotta nel 1982 sotto la guida di Piero Alfredo Gianfrotta e Fausto Zevi: l’edificio, già di per sé considerato un rilevante settore dell’antico palazzo imperiale di Baia, aveva infatti restituito nel 1969, a seguito di una mareggiata, due statue profondamente corrose dagli organismi marini.  

Le campagne del 1982 permisero di riportare in superficie tutte le altre statue superstiti, e di affidarne l’interpretazione iconografica a Bernard Andreae: fu così possibile capire che l’ambiente, che andava letto come un ninfeo-triclinio, una grandiosa sala da banchetti connessa all’acqua, era dotato di una straordinaria decorazione scultorea di argomento odissiaco, al pari della già famosa Grotta di Tiberio a Sperlonga; nell’abside di fondo, resa come una finta grotta secondo la consuetudine del tempo, infatti, si riproponeva la scena che avrebbe preceduto l’accecamento del ciclope Polifemo, con l’astuto Ulisse impegnato a porgere la coppa di vino,  aiutato da un compagno, al mostruoso pastore; una scena che ben si accordava con uno spazio dedicato a banchetti e al consumo del vino, e che riprendeva un’iconografia antica e già largamente usata in altri contesti, e ne faceva sontuosa fontana.

Le altre statue, tra le quali due effigi di Dioniso, di cui uno con pantera, pure richiamavano il vino, riproponevano le fattezze della famiglia imperiale, e nello specifico dei più stretti congiunti dell’imperatore Claudio, al quale la risistemazione del Ninfeo, verosimilmente già augusteo, andava attribuito: Antonia Minore, nipote di Augusto e madre di Claudio, nello schema di una Kore Albani, e la piccola Ottavia Claudia, morta in tenera età.

Le operazioni del 1982 ebbero inoltre il merito di sperimentare e perfezionare i principi dell’archeologia stratigrafica in ambiente sottomarino, documentando l’edificio sommerso al pari di un sito sulla terraferma, e sfruttando ogni elemento, dalle minime tracce della prima fase edilizia fino alla moneta dell’età di Giustiniano, per comprendere le dinamiche avvenute in un periodo di oltre sei secoli.

In anni recenti, il Ninfeo di Baia si è convertito in un grande laboratorio di musealizzazione del patrimonio sommerso: dapprima le statue hanno trovato posto nell’allestimento inaugurato nel 1997 nella Torre Tenaglia del Castello Aragonese di Baia, sede del Museo Archeologico Nazionale dei Campi Flegrei, con una ricostruzione, in scala leggermente ridotta, dell’intero edificio.

Nel 2009, poi, repliche moderne delle statue sono state ricollocate nel sito sommerso, forse il più visitato all’interno del Parco Archeologico Sommerso di Baia, creando un eccezionale itinerario subacqueo per turisti ormai provenienti da ogni parte del mondo.

La ricerca, nel frattempo, è andata avanti, approfondendo il legame tra il Ninfeo e gli edifici vicini, tra i quali si segnala un notevole complesso termale, e le relazioni con l’adiacente strada basolata, splendidamente conservata e ben riconoscibile, per un lungo tratto, sul fondale marino.

Lavori di documentazione tra le repliche del Ninfeo nell’ambito del Progetto MUSAS (foto M. Stefanile)
Repliche delle statue nel Ninfeo di Punta Epitaffio (foto M. Stefanile)

Andreae, B. (1983) L’immagine di Ulisse. Torino: Einaudi.

Avilia, F. and Caputo, P. (2015) Il ninfeo sommerso di Claudio a Baia. Napoli: Valtrend Editore.

Borriello, M. and D’Ambrosio, A. (1979) Baiae-Misenum (Forma Italiae. Regio I, XIV). Firenze.

Bruno, F., Lagudi, A., Collina, M., Medaglia, S., Davidde Petriaggi, B., Petriaggi, R., Ricci, S., Sacco Perasso, C. (2019) ‘Documentation and monitoring of underwater archaeological sites using 3D imaging techniques: the case study of the “Nymphaeum of Punta Epitaffio” (Baiae, Naples)’, in The International Archives of the Photogrammetry, Remote Sensing and Spatial Information Sciences, Volume XLII-2/W10, 2019 Underwater 3D Recording and Modeling ‘A Tool for Modern Applications and CH Recording’, 2-3 May 2019, Limassol, Cyprus, pp. 53–59. 

Caputo, P, Severino, N. (2008) ‘Parco Sommerso di Baia: il restauro paesaggistico-ambientale di Punta Epitaffio, il recupero della strada Erculanea e i servizi per la fruizione delle aree archeologiche sommerse’, in Escalona, F. and Ruggiero, R. (eds) Il Progetto Integrato Campi Flegrei. Napoli, p. 56.

Davidde Petriaggi, B., Ricci, S., Antonelli, F., Sacco Perasso, C., Gregory, D. J., (2018). Protezione in situ di strutture architettoniche sommerse con l’impiego di fronde artificiali: il caso di studio di Baia. In: Capulli, M. (a cura di), Il patrimonio culturale sommerso. Ricerche e proposte per il futuro dell’archeologia subacquea in Italia. ISBN 978-88-3283-112-2. Forum, 2018. Pp. 63-68.

Gravina, M.F., Antonelli, F., Sacco Perasso, C., Cesaretti, A., Casoli, E., Ricci, S., 2019. The role of polychaetes in bioerosion of submerged mosaic floors in the Underwater Archaeological Park of Baiae (Naples, Italy). Facies, Special Issue “Bioerosion: An Interdisciplinary Field”, 65: 19.

Lombardo, N. (2009) ‘Baia: le terme sommerse a Punta dell’Epitaffio. Ipotesi di ricostruzione volumetrica e creazione di un modello digitale’, Archeologia e Calcolatori, 20, pp. 373–396.

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Zevi, F. (1983) Baia. Il ninfeo imperiale sommerso di Punta Epitaffio. Banca Sannitica.

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I progetti dell'ISCR a Baia

Il Nucleo per gli Interventi di Archeologia Subacquea (NIAS) dell’ISCR-Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro, istituito nel 1997, ha intrapreso sin dal 2003 attività scientifiche nel Parco Archeologico Sommerso di Baia, sotto la direzione di Roberto Petriaggi.

Con il progetto Restaurare sott’acqua, avviato nel 2001 in linea con i principi della Convenzione UNESCO per la Protezione del Patrimonio Culturale Subacqueo, il NIAS, primo nel mondo, ha iniziato a studiare e sperimentare strumenti, materiali, metodologie e tecniche per il restauro e la conservazione in situ di manufatti antichi sommersi; a Baia sono stati effettuati restauri sperimentali nella Villa dei Pisoni, nella Villa con ingresso a protiro, in un settore della via Herculanea, nelle terme di Punta dell’Epitaffio e nell’edificio con cortile porticato nel vicino Portus Iulius. Sono state inoltre sviluppate e testate le schede SAMAS e SAMAS Bio, ispirate ai criteri della Carta del Rischio del Patrimonio, per un efficace censimento delle strutture sommerse e delle criticità rilevate durante le operazioni in acqua, e al tempo stesso per offrire uno strumento valido per la pianificazione degli interventi conservativi alle istituzioni preposte alla tutela.

Le attività del NIAS a Baia sono proseguite in anni recenti sotto la guida del suo nuovo direttore, Barbara Davidde Petriaggi, grazie soprattutto a importanti finanziamenti europei e a grandi reti di collaborazione con partner nazionali e internazionali.

Per il progetto MUSAS i siti di Villa dei Pisoni e Ninfeo di Punta dell’Epitaffio sono stati oggetto di nuovi studi e suggestive ricostruzioni 3D per una nuova valorizzazione che permetterà agli utenti di fruire del patrimonio sommerso via web nel Portale-Museo dell’Archeologia Subacquea, ma anche in immersione, grazie a tablet e dispositivi avanzati per la realtà aumentata, in grado di comunicare sfruttando la rete sperimentale dell’internet of underwater things, e al tempo stesso di monitorare continuamente il sito.

Per il progetto MUSAS i siti di Villa dei Pisoni e Ninfeo di Punta dell’Epitaffio sono stati oggetto di nuovi studi e suggestive ricostruzioni 3D per una nuova valorizzazione che permetterà agli utenti di fruire del patrimonio sommerso via web nel Portale-Museo dell’Archeologia Subacquea, ma anche in immersione, grazie a tablet e dispositivi avanzati per la realtà aumentata, in grado di comunicare sfruttando la rete sperimentale dell’internet of underwater things, e al tempo stesso di monitorare continuamente il sito.

Nell’ambito del progetto BlueMed l’ISCR ha potuto restaurare il suggestivo mosaico dei lottatori recentemente scoperto nell’area della Villa con ingresso a protiro, e inserire Baia tra i siti pilota messi in rete a livello europeo, per la creazione di nuovi itinerari e la salvaguardia del patrimonio sommerso.

Ancora un progetto europeo, iMareCultureha permesso di portare ulteriormente avanti lo studio della Villa con ingresso a protiro, fino alla realizzazione di una ricostruzione 3D fruibile grazie a VR e realtà aumentata.

Il progetto Sibilla, infine, attraverso una piattaforma appositamente sviluppata, permetterà la realizzazione di un sistema integrato cloud-based per la salvaguarda e valorizzazione dei Beni Culturali, mettendo in rete i siti sommersi ed emersi di Baia e il Parco Archeologico di Paestum.In sedici anni di attività nell’area sommersa di Baia, l’ISCR ha permesso il recupero e la fruizione di alcuni siti-simbolo, la conservazione di materiali fragili e a forte rischio e una migliore conoscenza del ricco patrimonio disseminato intorno a quello che un tempo fu il Baianus lacus.

Molte di queste attività sono oggi best practices riconosciute a livello internazionale e costituiscono il riferimento per la conservazione di siti caratterizzati da architetture sommerse in molti luoghi al mondo.

Mosaico con lottatori dalla Villa con ingresso a protiro, restaurato nell’ambito del progetto BlueMed

Scopri i nostri reperti in 3D

Il posizionamento planimetrico delle ancore rinvenute nel tratto di costa antistante il tempio dorico di Kaulonìa ha consentito di individuare due aree di concentrazione. La prima, con più ritrovamenti, si trova a sud del promontorio Cocinto, la seconda a ridosso della foce dell’Assi. Questa disposizione è del resto consona al regime dei venti della zona che, a seconda dei quadranti di provenienza, consentiva una fonda sicura nelle due aree a sud o a nord del promontorio.

E’ anche interessante ricordare come, tra i reperti inventariati, vi siano anche attrezzi che si possono ricondurre ad attrezzature per la conterminazione di sponde, di casseforme o fondazioni subacquee. Caso emblematico è infatti rappresentato da due puntazze di ferro come anche da una ghiera in piombo. Questi reperti sono indubbiamente indicatori della presenza di strutture in acqua di cui oggi sono rimasti solamente pochi elementi.

ALTARE NABATEO

Rinvenuto nel 1965 nelle acque della ripa puteolana, il grande altare, in marmo bianco di Carrara, sormontato da betili sacri e caratterizzato da una grande iscrizione dedicatoria al dio Dusares, costituisce, insieme alle lastre e ad altri due altari di minori dimensioni (questi ultimi presenti…

BASE CON DEDICA DEGLI INQUILINI VICI LARTIDIANI AD ADRIANO

Fortemente danneggiata dai litodomi nella parte superiore, la base, rinvenuta nel XIX secolo nelle acque della ripa puteolana, riportava l’iscrizione dedicatoria da parte degli inquilini di un vicus Lartidianus all’imperatore Adriano. Il vicus doveva essere legato alle proprietà puteolane della famiglia dei Lartidii, quasi del tutto assenti nella…

BASE ONORARIA PER C. IULIUS C.F. CL. MARO

Rinvenuta nelle acque del porto antico di Misenum, a poca distanza da Punta Terone, la grande base iscritta, danneggiata dalla lunga permanenza in acqua, conteneva una dedica a Caio Giulio Marone, veterano della flotta pretoria di Miseno e forse originario della Tracia, da parte del…

DECORAZIONI ARCHITETTONICHE DAL GIARDINO DEL CASTELLO_1

Rinvenuto nel bacino del porto antico di Misenum, questo frammento di trabeazione con decorazione faceva certamente parte di un edificio pubblico di dimensioni significative, verosimilmente nell’area centrale del nucleo misenate, di cui oggi solo poche tracce (Terme, Teatro, Sacello degli Augustali) restano alla vista. Degrado…

ERMA MASCHILE BARBATA

Rinvenuta nelle acque del porto di Baia, tra i resti sommersi del palazzo imperiale, la piccola erma mostra resti evidenti di fasi di esposizione in ambiente subacqueo, come i numerosi fori di litodomi nella barba. Copia romana di un originale greco di V secolo a.C.,…

FISTULA DA VILLA DEI PISONI

Rinvenuta tra i ruderi della Villa dei Pisones, non lontano da Punta Epitaffio, questa condotta idrica in piombo ha permesso di identificare i proprietari dell'intero complesso: l'iscrizione sul reperto “L. Pisoni” permette, infatti, di identificare i resti sommersi di mura ed edifici di una gigantesca…

FREGIO CON GRIFONI DAL NINFEO SEVERIANO (2)

Un lungo fregio in marmo bianco con venature bluastre, raffigurante una serie di grifoni affrontati, fu rinvenuto in numerosi frammenti nel 1924 tra i resti del palazzo imperiale affondato nelle acque del porto di Baia.Le decorazioni architettoniche ornavano la parte superiore del Ninfeo marittimo di…

STATUA DEL TIPO DETTO HERA BORGHESE DA BAIA

Copia romana in marmo pentelico di un originale greco in bronzo, la statua del tipo detto Hera Borghese fu rinvenuta nel 1923-1924 tra i resti del complesso palaziale sommerso di Baia. La scultura originale, datata all’ultimo quarto del V secolo a.C., fu realizzata da Agorakritos,…

STATUA DEL TIPO DETTO HERA BORGHESE DA MISENUM

Copia romana in marmo pentelico di un originale greco in bronzo, la statua del tipo detto Hera Borghese fu rinvenuta nel 1980 nelle acque del porto militare di Misenum. Per le variazioni sul tema, e considerando l’incompletezza della scultura, oggi priva della testa, del braccio…

STATUA DEL TIPO PUDICITIA

Replica puteolana di età imperiale, rinvenuta nelle acque del porto di Pozzuoli nel 1972, la statua raffigurava una donna dal capo velato, nell’atto di coprirsi ventre e petto con le braccia; si trattava di una ben nota raffigurazione della Pudicitia, personificazione di una fra le…

STATUA DI ATENA DEL TIPO VESCOVALI-AREZZO

Replica baiana di un modello già noto ad Arezzo, forse da ricondurre a Prassitele, la statua, rinvenuta nelle acque del porto di Baia nei primi anni Venti del Novecento, fra i resti sommersi del Palazzo Imperiale, raffigura la dea Atena, in piedi, leggermente poggiante sulla…

STATUA DI BAMBINA (OCTAVIA CLAUDIA)

La piccola Ottavia Claudia, principessa della dinastia giulio-claudia, morta in tenera età, trovò un posto per l’eternità in una delle nicchie laterali del Ninfeo imperiale sommerso di Punta dell’Epitaffio. La sua statua, rinvenuta sul fondo dell’edificio durante gli scavi del 1981, era ispirata al modello delle…

STATUETTA DI CIBELE

Cibele, la grande madre, potente dea della natura, seduta in trono fra due leoni, si riconosce in questa statuetta, pur fortemente erosa e danneggiata dagli organismi marini, rinvenuta nelle acque del porto di Puteoli. Lo schema iconografico è molto tradizionale, e presenta confronti numerosi in…

STATUA DI DIONISO

Rinvenuta nelle acque del porto di Pozzuoli nel 1964, la statua, marmorea, fortemente danneggiata dalla lunga esposizione all’azione degli organismi marini, rappresentava verosimilmente il dio Dioniso. La posa morbida e flessuosa, i gesti e l’intera figura rimandavano a un modello antico e fortunato, quello dell’Apollo…

STATUA DI DIONISO CON PANTERA

Dioniso, potente dio del vino, fu rappresentato nel Ninfeo imperiale sommerso di Punta Epitaffio con l’aspetto di un giovane flessuoso, appoggiato a un pilastrino coperto da un mantello, nell’atto di offrire vino, da una coppa, oggi perduta, a una pantera ornata da un tralcio di…

STATUA DI ERACLE GIACENTE

Forse parte della decorazione scultorea di una grande fontana o ninfeo, come dimostrano i resti di tubatura sotto il gomito sinistro, la statua, copia romana di un originale di IV secolo a.C., raffigurava Eracle in posizione di riposo, giacente sulla leonté, la pelle del Leone…

STATUA DI ISIDE PELAGIA

Ritrovata a Pozzuoli, nelle acque antistanti l’acropoli del Rione Terra, questa grande statua in marmo grigio, gravemente danneggiata dall’azione degli organismi marini, inizialmente identificata con una Vittoria, rappresentava la dea Iside, protettrice dei naviganti (Pelagia), in una posa già nota da altre rappresentazioni. Testa e…

BASE DI TRAPEZOFORO CON ZAMPA LEONINA

Danneggiata dalla lunga permanenza in ambiente sottomarino, la zampa di leone costituiva parte di un sostegno per una mensa. Si tratta di uno dei numerosi elementi scultorei che furono rinvenuti nel 1972 lungo la Ripa Puteolana, nella zona in cui era stata identificata un’officina di…

MONETA D’ORO DI GIUSTINIANO

Rinvenuta nel 1969 all’interno del Ninfeo imperiale sommerso di Punta dell’Epitaffio, durante le operazioni di recupero delle statue di Ulisse e del suo compagno con l’otre, la moneta d’oro giustinianea, databile al VI secolo d.C. è stata a lungo considerata importante per la datazione dell’abbandono…

GRUPPO DI PSICHE ED EROS

Il gruppo scultoreo, di grande pregio, realizzato in età imperiale su un modello ellenistico, probabilmente legato alla scultura rodia di II secolo a.C., raffigurava un Amorino in grembo a una dea seduta su una roccia, Psiche, nell’atto di sfiorarle il seno. La faretra e le…

STATUA DEL COMPAGNO DI ULISSE CON L’OTRE

Rinvenuta nel mese di gennaio del 1969, a seguito di una mareggiata, nel Ninfeo imperiale sommerso di Punta Epitaffio, la statua del compagno di Ulisse completava, con quella perduta di Polifemo e con quella dell’astuto eroe omerico, la decorazione dell’abside di fondo dell’edificio baiano, caratterizzata…

STATUA DI ANTONIA MINORE

Antonia Minore, nipote di Augusto, madre di Germanico e dell’imperatore Claudio, fu donna potente e influente della dinastia giulio-claudia. La sua statua, rinvenuta sul fondo del Ninfeo imperiale sommerso di Punta Epitaffio, durante gli scavi subacquei dei primi anni Ottanta del Novecento, si ispirava a un…

STATUA DI TYCHE

Statua priva della testa, di parte del collo, del braccio destro, dell’avambraccio sinistro e del piede sinistro, rinvenuta nel 1923-1924 nelle acque del porto di Baia, tra i resti sommersi del palazzo imperiale. La scultura, variante del tipo detto Hera Borghese, copia romana, forse di…

TESTA DI AMAZZONE

Rinvenuta nei primi anni Venti del Novecento nel porto di Baia, tra resti di strutture sommerse pertinenti al palazzo imperiale, la testa di Amazzone, in marmo pentelico, era una copia di età giulio-claudia di un originale greco molto famoso nell’Antichità, l’Amazzone del tipo cosiddetto di…

TESTA MASCHILE BARBATA

Forse parte di un’erma, la scultura fu rinvenuta nelle acque del porto di Baia, tra i resti sommersi del palazzo imperiale. Relativamente tarda, la testa era forse ispirata al tipo dell’Hermes Propylaios di Alcamene, originale della metà del V secolo a.C. visto da Pausania sull’acropoli…

TORSO DI EROS

Riconoscibile come Eros per via delle ali, questo grande torso in marmo, privo della testa e degli arti e fortemente corroso dai litodomi nella parte posteriore, fu rinvenuto nei primi anni Venti del Novecento sui fondali del porto di Baia, tra i resti sommersi del…

TORSETTO DI EROS PUNITO

Rinvenuto nei primi anni Venti del Novecento nelle acque del porto di Baia, fra i resti sommersi del palazzo imperiale, questo torsetto di Eros bambino in marmo bianco, privo della testa, del braccio destro, dell’avambraccio sinistro, della gamba destra, di parte di quella sinistra e…

STATUA DI NETTUNO

Statua maschile in marmo bianco, accompagnata da un delfino con funzione di puntello: si tratta di una rappresentazione del dio Nettuno, rinvenuta nelle acque del porto di Baia priva delle braccia e del piede sinistro ma non della testa, che fu rubata in un secondo…

FREGIO CON GRIFONI DAL NINFEO SEVERIANO

Un lungo fregio in marmo bianco con venature bluastre, con una serie di grifoni affrontati, fu rinvenuto in numerosi frammenti nel 1924, tra i resti sommersi del palazzo imperiale nelle acque del porto baiano. La decorazione architettonica adornava con tutta probabilità la parte alta del…

STATUA DI ULISSE

Rinvenuta nel mese di gennaio del 1969, a seguito di una mareggiata, nel Ninfeo imperiale sommerso di Punta Epitaffio, la statua di Ulisse completava, con quella perduta di Polifemo e con quella del compagno con l’otre, la decorazione dell’abside di fondo dell’edificio baiano, caratterizzata come…

STATUA FEMMINILE APPENA ABBOZZATA

La statua si presenta appena sbozzata, dato che rende particolarmente problematica la sua identificazione. Tuttavia, è possibile intuire la silhouette della figura, che per alcuni versi, ricorda il tipo statuario, detto della Pudicitia. Questo fortunato tipo fu utilizzato soprattutto per le rappresentazioni di figure femminili…

TESTA BIFRONTE

Parte di un’erma di mediocre qualità e di produzione locale, questa duplice testa adornava probabilmente la balaustra di un giardino privato, e solo in un secondo momento fu adattata per una fontana. I due volti contrapposti sono quelli di Dioniso, giovane e con pampini nella…

TESTA DI SILENO

Fortemente erosa dalla lunga permanenza in ambiente sottomarino, la testa può essere ricondotta all’iconografia di un vecchio Sileno barbuto. Si tratta di uno dei numerosi elementi scultorei che furono rinvenuti nel 1972 lungo la ripa puteolana, nei pressi del vicus Lartidianus, nella zona in cui…

TESTA FEMMINILE VELATA

A dispetto del suo stato di conservazione, compromesso dalla lunga permanenza in acqua, che ha finito per cancellare buona parte dei tratti fisiognomici, questa testa femminile velata, recuperata nelle acque della ripa puteolana, dove un tempo fu in funzione una bottega di marmorari, fornisce dettagli…