Rinvenuta nelle acque del porto di Baia, tra i resti sommersi del palazzo imperiale, la piccola erma mostra resti evidenti di fasi di esposizione in ambiente subacqueo, come i numerosi fori di litodomi nella barba.
Copia romana di un originale greco di V secolo a.C., realizzata nella famosa bottega di copisti baiani, la testa raffigurava apparentemente il Dioniso Leneo (ossia “del torchio”) di Agorakritos, potente dio in nome del quale si organizzavano in Atene le Lenee, feste dedicate alla mescita del vino e a rappresentazioni comiche.
Il manufatto presenta tracce di bioerosione evidenziate da piccoli fori circolari (pitting) e da solchi sinuosi. I fenomeni di degrado sono maggiormente diffusi sul lato anteriore, soprattutto sulla barba, mentre sul retro si localizzano sulla parte bassa dei capelli e sulle spalle. L’estensione del biodeterioramento copre circa il 80% della superficie. Il pitting è stato attribuito a spugne endolitiche (Poriferi della famiglia Clionaidae), mentre i solchi sono imputabili all’azione di vermi perforanti (Policheti della famiglia Spionidae). In alcune zone, soprattutto sotto la barba, sono ancora presenti numerosi resti di organismi epilitici incrostanti.
L’immagine che segue descrive il degrado delle spugne perforanti, illustrando la presenza sulla superficie di minute perforazioni e l’erosione dello strato esterno del marmo con una modesta perdita di modellato scultoreo. La colonizzazione delle spugne perforanti è documentata dalle immagini al SEM in cui si osservano le cavità bioerose e i pits (impronte).
L’immagine sottostante illustra il degrado di vermi perforanti, visibile anche ad occhio nudo e riconoscibile dalla presenza di solchi sinuosi, generalmente a U, superficiali e talvolta penetranti in profondità nel marmo (vedi schema). Tale degrado è dovuto alle specie Polydora ciliata e Dodecaceria concharum (vedi foto).
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