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STATUA DEL COMPAGNO DI ULISSE CON L’OTRE

Rinvenuta nel mese di gennaio del 1969, a seguito di una mareggiata, nel Ninfeo imperiale sommerso di Punta Epitaffio, la statua del compagno di Ulisse completava, con quella perduta di Polifemo e con quella dell’astuto eroe omerico, la decorazione dell’abside di fondo dell’edificio baiano, caratterizzata come un grande antrum cyclopis. La scultura, in marmo bianco, fortemente danneggiata dai litodomi nella parte della testa, inizialmente interpretata come un anonimo schiavo in posa di offerente, rappresentava il compagno di Ulisse, nudo, con l’otre di pelle caprina poggiato sulla coscia sinistra, nell’atto di riempire di vino la coppa offerta al ciclope, secondo quanto tramandato in un famoso episodio dell’Odissea. Nell’originale ellenistico, evidentemente in bronzo, il compagno era concepito per essere posto su una roccia, in secondo piano rispetto a Ulisse e in posizione rialzata, come in un famoso mosaico in pasta vitrea da una delle volte della Domus Aurea di Nerone, raffigurante, secondo lo storico dell’arte Bernard Andreae, non la scena odissiaca, ma il gruppo scultoreo bronzeo che la riproponeva. Questo spiegherebbe le ridotte dimensioni rispetto a Odisseo, e alcune apparenti incongruenze nella posa. Nel Ninfeo, però, il gruppo sarebbe stato organizzato in maniera simmetrica, con le due figure ai lati di quella gigantesca di Polifemo. Replica della statua in situ (foto M. Stefanile)
Le condizioni di giacitura di questa statua, analogamente a quanto accaduto alla statua di Ulisse, hanno determinato un diverso stato di conservazione. Quasi tutto il corpo, tranne la testa, il collo e parte del braccio destro, sono perfettamente conservate poichè ricoperte dal sedimento. La testa mostra vistose perforazioni scavate da molluschi endolitici della specie Lithophaga lithophaga prevalentemente localizzate sul lato sinistro del volto. L’intera la testa e il collo sono state densamente colonizzati da spugne perforanti che hanno prodotto cavità subglobose ben visibili. La stessa alterazione si riscontra su parte del braccio destro, in particolare sulla porzione rinvenuta staccata e poi ricollocata. Tale degrado indica che il frammento del braccio non si trovata insabbiato come il resto della statua, ma esposto alla colonna d’acqua e quindi all’azione bioerosiva di micro e macroorganismi. Sulla base della morfologia della cavità erose si può ipotizzare che il danno sia stato prodotto dalla specie Cliona celata, in quanto essa è stata rinvenuta su molti altri manufatti del sito.

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N. rif. MUSASBAI-016N. inv.222737MisureAlt. cm 169MaterialeMarmoCollocazioneMuseo Archeologico dei Campi Flegrei, sala 55ProvenienzaNinfeo imperiale sommerso di Punta dell’Epitaffio (1969)DatazioneI secolo d.C.Share